venerdì, novembre 30, 2007

Par condicio



Dopo il post di ieri che rendeva omaggio ai pisani, ecco un paio di copertine storiche del Vernacoliere, mitico periodico satirico (ma non troppo) livornese.

giovedì, novembre 29, 2007

Controinformazione

http://www.pisacalcio.it/news.asp?pag=1&news=2152&data=39

mercoledì, novembre 28, 2007

Il mestiere dell'ambientalista

Un interessante articolo pubblicato da eddyburg, su energie rinnovabili e ideologismi ambientali.

domenica, novembre 25, 2007

Genova 2001-2007

L'ex capo della polizia rinviato a giudizio per falsa testimonianza sul pestaggio della scuola Diaz: informazioni qui e qui.

sabato, novembre 24, 2007

Segnalazione

Date un'occhiata a lastfm, sito interessante che offre la possibilità di ascoltare musica e condividere la propria, classico esempio di internet seconda fase: Last.fm è in grado di assimilare le conoscenze del pubblico, potenziando il profilo musicale di ciascun utente per fornire consigli personalizzati, connettere utenti che condividono gusti analoghi e offrire trasmissioni radio personalizzate.
Da provare

giovedì, novembre 22, 2007

Lettura


Giancarlo De Cataldo
Nelle mani giuste (2007)

Acquistato oggi, incurante del diluvio genovese.
Dopo la lettura vi dirò, intanto alcune note dal sito Einaudi:
Dall'autore di Romanzo criminale un nuovo romanzo-affresco che getta una luce nera sull'epoca in cui siamo tuttora immersi. L'epoca segnata dalle stragi di mafia. Sotto il segno della convenienza, persone diverse, con progetti diversi, si ritrovano a essere le pedine di un disegno folle. O forse no. Si tratta di consegnare l'Italia nelle mani giuste. Delitti e passioni si intrecciano con bombe e affari. Una donna che doveva solo tradire trova il coraggio di amare. Mentre le vite e i destini si consumano, e la speranza si rifugia nel cuore stesso dell'inferno.

mercoledì, novembre 21, 2007

ciao Don

Se n'è andato nel sonno, oggi pomeriggio in modo discreto come aveva vissuto nonostante il ruolo di primo piano nella comunità del paese per oltre cinquant'anni.
Il mio ricordo oggi è commosso e con un sorriso ripenso a noi bambini, al mare su quel vecchio ford o indaffarati e orgogliosi delle responsabilità da lui dateci nel servire messa e le feste, le gite, e il suo amore per i colori blucerchiati. Ma soprattutto il rispetto che ha sempre avuto per la mia scelta di allontanarmi dalla sua chiesa, dalla religione e della quale non abbiamo quasi mai parlato, come se capisse, senza bisogno di parole,
ciao Don, grazie

Un appello

Alcuni bloggers scrittori - che intervengono in buona parte su Nazione Indiana e su spazi web di narrativa online (Loredana Lipperini, Wu Ming, tra altri) - hanno pubblicato in questi giorni un appello-petizione contro la violenza su rom, rumeni e donne.

Riporto l'inizio e la fine dell'appello:

"La storia recente di questo paese e’ un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre piu’ ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.
Una donna e’ stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida e’ sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena e’ la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena e’ stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignita’? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che e’ italiana, e che l’assassino non e’ un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanita’. Delle loro condizioni, nulla e’ piu’ dato sapere.
[...]
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non e’ una forma di “concorso morale”.
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo e’ illegale."

Chi volesse firmare la petizione può farlo qui

martedì, novembre 20, 2007

Questo è il partito che volevo

Un bell'articolo sulla nuova "cosa berlusconiana" di Concita De Gregorio, uscito oggi:

GLI ELETTORI "sono più avanti degli eletti" e naturalmente Silvio Berlusconi è già lì, più avanti di chi è avanti, più avanti di tutti a guidare le folle. Con acrobatico surfismo sull'onda dell'antipolitica, un numero atletico buono anche a dimostrare che l'età cosa volete che sia, passa in testa agli alleati e fonda il grillismo istituzionale di destra, lascia Fini e Casini a riva a guardarlo a bocca aperta.
E pazienza se la politica fino a ieri è stata lui, presidente del Consiglio e mercante di voti nel tempio: la memoria collettiva si sa che è cortissima, da oggi ci sono i gazebo, il partito del popolo. "C'è il palazzo è c'è la gente. Io sto con la gente". Delete, cancellate quel che è stato finora. Guardate questo film, piuttosto, e mandatelo a mente: Silvio che entra a braccetto con Michela Vittoria Brambilla, l'eroina dei circoli quella che più svelta di tutti, mesi fa, ha depositato il nome del partito che d'incanto esce oggi fuori dal cilindro.
In prima fila le altre donne di Forza Italia - Prestigiacomo, Carfagna, Gardini, Santelli - li guardano mute. Loro sono il pubblico, Berlusconi e Brambilla i protagonisti. Fuori dalla sala i politici, quasi tutti almeno. Poi, per cortesia, certo che entrano i più anziani, Selva, i più fedeli, Bondi e Cicchitto, gli istituzionali a cui non si poteva dir di no, Vito e Schifani.
Gli altri fuori: questo è il partito della gente e la nomenclatura disturba, tra l'altro chiudere le porte alla politica ha il vantaggio di non mostrare in pubblico chi c'è e chi manca: la conta non si fa. Conferenza stampa solo per giornalisti, all'americana. Berlusconi sul palchetto Brambilla seduta davanti alla sua destra, alle spalle il nuovo simbolo del partito: "Partito della libertà come volevo io o Popolo della libertà come ci hanno suggerito gli elettori, saranno loro a decidere".
Certo, loro. D'ora in avanti si procede così, a colpi di gazebo. Veltroni ha avuto tre milioni e mezzo, quattro milioni di persone? Lui almeno il doppio. "Otto milioni ai gazebo nello scorso week end, due milioni di firme nei circoli". Ecco, dieci milioni: facciamo il triplo. "I gazebo resteranno allestiti anche nel prossimo fine settimana: raccoglieranno le firme per il nuovo partito. Noi non faremo una fusione a freddo come il Pd". Il Pd, lo spettro.
Quel che succede oggi, avvisa Berlusconi, "cambierà la storia di questo paese per decenni". Allora riepiloghiamo quel che succede, effettivamente, nei dieci minuti in cui l'ex leader della Casa delle libertà liquida con un colpo di spugna la sua traiettoria politica dell'ultimo decennio e ne disegna una nuova.
Primo: il bipolarismo è finito, "è d'accordo anche Giuliano Ferrara che ho sentito per telefono". Secondo: Veltroni è un antagonista degno, anzi diciamo pure che la faccenda dei gazebo e dell'elezione diretta del segretario ha suscitato una certa ammirazione perciò perché non fare la stessa cosa. I sondaggi "ci dicono che il partito della libertà (o del popolo, vedremo) da solo può arrivare al 30 per cento". Dunque tanto vale mettersi sullo stesso piano di Veltroni, meglio se un po' più in alto, e discutere con lui. "Sono disposto ad incontrarlo subito per discutere di riforma elettorale".
Terzo, gli alleati hanno stancato. In specie Fini con i suoi smarcamenti recenti. Vogliono la guerra? E allora guerra. Fini dice che questa iniziativa del partito nuovo è "plebiscitaria e confusa"? "Non rispondo alle provocazioni, parlo direttamente agli elettori del mio e di altri partiti, non solo alleati". La Casa delle libertà finisce qui, stasera. Muore col bipolarismo, sepolta insieme. "Ci avevo creduto ma ho capito che in questo paese non si può". Meglio un nuovo sistema elettorale proporzionale con sbarramento dei piccoli che crei "un partito grande di qua, uno di là".
Lui e Veltroni, è questo lo scenario che immagina. La Lega di Bossi alleata, Storace e Santanché a destra e poi la gente, ovvio: la gente stanca dei "parrucconi", "dei litigi delle ripicche della politica politicante, dei giochetti dei veti e dei compromessi". "E' un anno e mezzo che non convoco i vertici della Cdl per timore che qualcuno non venga", non si può andare avanti così, francamente, i segnali sono chiari "e io sono uno che si vanta di saper riconoscere gli umori del popolo".
Il popolo vuole un leader e quel leader è lui. Fuori, in Piazza di Pietra, gli elettori di una certa età la borghesia romana in pelliccia e giaccone da caccia alla volpe, batte i piedi dal freddo e guarda il maxischermo. Bravo, dicono anche se perplessi di esser stati questa volta chiusi fuori. Quanto al passato: non è mica che ora Silvio punti al plebiscito perché non gli è riuscita la spallata, anzi, "io la spallata al governo non la volevo dare è stata una superfetazione giornalistica".
Tra il pubblico stupore per il linguaggio e per il senso. Ma ecco che "io non ho né rimorsi né rimpianti. Guardo avanti. Se dobbiamo credere alle parole di Bordon e di Dini questo governo non ha più una maggioranza. Cadrà al prossimo voto importante. Allora bisognerà andare alle elezioni ma le riforme le può fare anche questo governo".
Fuori in piazza sono rimasti in pochissimi. Palloncini azzurri, cartelloni dei giovani di Forza Italia che dicono "C'è un solo presidente". Quando esce si ferma ad arringare anche a loro, qualcuno stappa una bottiglia di champagne qualcun altro prova a prenderlo in spalla ma non esageriamo. Angelino Alfano guarda con ammirata meraviglia e discetta dell'"ennesimo colpo di genio. Andrà così: accordo sulla legge elettorale, legge in tempi record poi crisi di governo. Due mesi di gestione degli affari correnti e a marzo si vota". Michela Vittoria Brambilla è l'unica intervistata dalle tv, gli altri sono spariti tutti. E' un giorno storico, ripete Berlusconi dal palco della piazza. Gianni Letta non è venuto ma di certo seguiva dall'ufficio. State certi che nel Partito del Popolo - o della Libertà, vedremo - ci sarà anche lui.



domenica, novembre 18, 2007

Un incontro particolare


Chinaski Edizioni

In questo suo nuovo libro, Don Andrea Gallo parla delle tematiche a lui più più care: libertà, autodeterminazione dei popoli, uguaglianza, problema droga, immigrazione e lotta al capitalismo selvaggio, focalizzando l’attenzione sul disagio profondo che affligge la società moderna rendendola sempre meno a misura d’uomo.
Pagina dopo pagina si materializza il percorso di un uomo che da sempre “cammina con gli ultimi”, un messaggio di solidarietà totalmente cristiano e per questo pervaso da un forte sentimento rivoluzionario.
Il “prete da marciapiede”, come lo hanno definito in molti, attraverso i ricordi dei suoi 36 anni d’attività sulle strade, narra a cuore aperto questo suo “camminare domandando” che ancora non si ferma nonostante i 79 anni compiuti.
Da Fabrizio De André a Moni Ovadia, da Manu Chao a Vasco Rossi e Piero Pelù, passando per i Modena City Ramblers e qualche emarginato che ha in sè un messagio importante, il libro si trasforma in una sorta di autentico diario di viaggio di chi ha vissuto l’esistenza non cercando un principio ideologico ma un cammino al fianco di chi non ha voce.

Dopo l'incontro di venerdi sera al centro sociale di Castelnuovo Magra, organizzato da amministrazione comunale e ARCI, bellissima chiacchierata a tavola con il protagonista del libro.
Un esempio di impegno civile da portare sempre con sè con il sorriso.


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martedì, novembre 13, 2007

Considerazioni

Dalla rete:
Anno 2007. 11 novembre. Un nuovo tassello applicato alla faustissima e universalmente riconosciuta era della comunicazione. Un episodio tragico, gravissimo nella sua dinamica e nella sua consequenziale forma di fatalità accade poco prima delle 9.30: nell’epoca della cosiddetta informazione in tempo reale la notizia trapela suppergiù ufficiosamente solo dopo le 11. Più di un media la annuncia in modo frettoloso, confuso, incompleto e inesatto, come solo un fatto appena accaduto si potrebbe (ma non si dovrebbe) rendere noto. Si parla nebulosamente di scontri fra tifoserie. l’unica certezza è che c’è un morto. Ci si deve avvicinare a mezzogiorno per cominciare a capire che di mezzo c’è un colpo di pistola esploso da un tutore delle forze dell’ordine. Nel frattempo la marea mediatica è già montata al punto giusto e sbagliato al tempo stesso, tale e quale a una maionese impazzita.Nell’era dell’aggiornamento-flash devono arrivare le 13 per accertare che - sì - è stato un agente della Polstrada a sparare, le 13.30 per apprendere che la pattuglia da dove sono partiti i colpi d’arma da fuoco si trovava sull’area di servizio opposta, addirittura qualche decina di minuti in più per intuire che il ragazzo non è morto lì, ma presso il casello di Arezzo, stesso luogo dove si trova la macchina immortalata nelle riprese, mentre fino a poco prima ci avevano detto che l’auto era nel parcheggio dell’autogrill.
Nel tempo della comunicazione globale, immediata e pseudo-trasparente, devono arrivare le 16 passate perché una fredda e tesa conferenza stampa affidi a un comunicato la versione-free-climbing della questura di Arezzo: colpi esplosi in aria, senza alcuna certezza che sia stato proprio uno di quelli (e quale altro?) a trapassare il lunotto laterale posteriore della Scenic e colpire a morte Gabriele Sandri. La marea intanto monta, monta senza posa, a Bergamo ma non solo va in scena la giustizia sommaria e arbitraria ultras, e forse un po’ di trasparenza, un atto di mea culpa, di dura autocritica, potrebbero attenuare appena la follìa, la rabbia, l’inaccettabile rappresaglia. Niente di tutto questo: una semplice, scontata velina nella quale si cerca di prender tempo, di negare, o almeno di mettere in dubbio l’evidenza di una colposa fatalità. Tutto questo sarà definito il giorno dopo da uno dei vertici del Sap (sindacato autonomo di polizia) un “errore di comunicazione”. Appunto.

Nel frattempo Lega Calcio, Figc e accoliti hanno preso la decisione di sospendere la sola Inter-Lazio (a Bergamo e Taranto ci hanno pensato gli Ultras (!)) e di ritardare di 10 minuti (bel segnale) le altre gare. L’intento è quello di evitare ripercussioni sui tifosi in trasferta già presenti nelle varie città, ma il messaggio viene letto come una sperequazione tra ciò che avvenne dopo la morte di Raciti e quel che segue la tragedia di Badia al Pino. Un altro errore di comunicazione? Forse, ma che dire di quello che gli Ultras romani (di ogni colore) perpetrano delinquenzialmente qualche ora più tardi, attaccando le caserme, la sede del Coni, devastando, danneggiando, incendiando, gettando nel terrore i cittadini della capitale. L’occasione (tragica ma reale) poteva servire a dimostrare che errori e nequizie si commettono da ogni lato, che la medaglia ha sempre due facce. No, meglio cogliere la palla al balzo, servire la vendetta prima che si raffreddi, passare completamente dalla parte del torto e darsi in pasto alle gogne mediatiche di sempre, quelle che già additavano i vandali e i furfanti quando il corpo di Gabriele era ancora caldo. Un rozzo sbaglio comunicativo, tanto maldestro da apparire sospetto, molto sospetto. Ma uno sbaglio oltreché un’infamia, comunque.

L’ennesimo di una giornata nerissima non solo per il calcio, per la vita che rifiuta la violenza e la morte, ma per l’idea stessa di informazione, di dialogo, di comunicazione e verità. Abbiamo fallito tutti, e io che odio sembrare corporativista scelgo di esserlo nel giorno degli sbagli, degli errori marchiani e inaccettabili. Forse l’età della comunicazione non è mai cominciata, o forse ne abbiamo ingurgitata talmente tanta da farcene soffocare. Ora ci torna su come un banchetto indigesto e rimaniamo lì, con la forchetta in mano, rendendoci conto, forse per la prima volta, di dover ricominciare tutto daccapo, mentre sulla tavola resta il Vaso di Pandora, come una buffa pentola scoperchiata, assieme alle briciole della nostra civiltà.

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giovedì, novembre 08, 2007

Se potessi avere 1000 euro al mese...

Ciao,
ricevi questa lettera perché hai firmato la petizione per l'aumento
delle borse di dottorato a 1000 euro e per la copertura di tutti i posti
banditi con borsa. Con questa e-mail l'ADI (Associazione dottorandi e
dottori di ricerca) ti informa degli sviluppi che la campagna. Se
potessi avere 1000 Euro al mese... http://www.dottorato.it/milleeuro
sta avendo.
Abbiamo ormai superato la quota delle 10.000 firme e la petizione puo'
quindi essere presentata direttamente al ministro Mussi, al quale
abbiamo chiesto un incontro.
Il Ministro dovrebbe riceverci a breve e in quell.occasione gli
consegneremo anche i testi delle oltre 2000 cartoline che nel frattempo
i firmatari della petizione gli hanno inviato grazie all'iniziativa "Non
mandarlo a dire, mandagli una cartolina" (www.dottorato.it/cartolina), a
cui ti abbiamo inviato a partecipare con un'e-mail di qualche tempo fa.
Non solo. Grazie all'impegno dell'ADI, recentemente il ministro Mussi,
in un'intervista rilasciata La Repubblica TV
http://it.youtube.com/watch?v=wWY2e6X5-eE si e' nuovamente impegnato
(dopo che gli abbiamo fatto arrivare una domanda in diretta) ad
aumentare già dal prossimo anno le borse e a varare una riforma del
dottorato che ne rafforzi il valore anche nel mondo del lavoro.
Siamo fiduciosi che il nostro incontro con il Ministro serva a chiudere
la nostra campagna nella maniera che tutti desideriamo.
Continuiamo a farci sentire!

Ti aggiorneremo ancora non appena ci saranno novita'. Speriamo presto.


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mercoledì, novembre 07, 2007

5 novembre 2007, ricordo di Enzo Biagi

Torno in tv dopo un intervallo durato cinque anni: insormontabili ragioni che chiamerò tecniche mi hanno impedito di continuare il mio programma. Sono contento, perché alla mia rispettabile età c' è ancora chi mi dà una testimonianza di fiducia e mi offre lavoro. Ma non voglio portar via il posto a nessuno: non debbo far carriera, e non ho lezioni da dare. Voglio solo concludere un discorso interrotto con i telespettatori, ripartire da dove c' eravamo lasciati e guardare avanti.Quante cose succedono intorno a noi. Cercheremo di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente. Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C' è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e molti di noi, delle Brigate partigiane, erano raccogliticci. Ma nella Resistenza c' è il riconoscimento di una grande dignità. Cosa sarebbe stata l' Italia agli occhi del mondo? Sono un vecchio cronista, testimone di tanti fatti. Alcuni anche terribili. E il mio pensiero va ai colleghi inviati speciali che non sono ritornati dal servizio, e a quelli che speciali non erano, ma rischiavano la vita per raccontare agli altri le pagine tristi della storia.I protagonisti per me sono ancora i fatti, quelli che hanno segnato una generazione: partiremo da uno di questi, e faremo un passo indietro per farne un altro, piccolo, avanti. Senza intenzione di commemorarci.

Enzo Biagi
22 aprile 2007, Corriere della Sera

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lunedì, novembre 05, 2007

ciao Barone


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venerdì, novembre 02, 2007

Iperluoghi

Vi segnalo un interessante articolo su centri commerciali e outlet pubblicato alcuni giorni fa da Repubblica e ripreso da Eddyburg.